12) Massimo Stanzione

Orta di Atella, 1585 circa – Napoli, 1658 circa

Ritratto equestre di Carlo di Tocco

1648-1658 circa

olio su tela, cm 285 x 218

 

Il dipinto giunge al Pio Monte con la donazione dell’associato Giuseppe Carelli del 1933, insieme ad altre trenta opere provenienti dalla collezione Capece Galeota, eredi della famiglia di Tocco.

 

Il grande dipinto è tra i pochi esempi di ritrattistica ufficiale eseguiti a Napoli sui modelli spagnoli. Carlo di Tocco è raffigurato con il corpo leggermente ruotato verso lo spettatore mentre cavalca al trotto un possente cavallo. Il volto è magro ed è adornato da sottili baffi e pizzetto. Indossa un’armatura su cui risalta l’ampio collo bianco ricamato della camicia e il collare d’oro; al fianco sinistro è agganciata una lunga spada, con punta ed elsa dorata. Sul capo è posto un elegante cappello su cui spiccano pompose e brillanti piume rosse che riprendono il colore del drappo sul cavallo.  Un cielo azzurro percorso da grandi nuvole grigie fa da sfondo alla rappresentazione.

Carlo di Tocco era un importante patrizio napoletano, principe di Montemiletto, barone di Montefalcione, Manocalzati e Serra, conte di Montaperto, nobile del seggio di Capuana, fu benefattore della santa Casa dell’Annunziata e governatore del Pio Monte della Misericordia nel 1626. Fu nominato da Filippo IV nel 1642 consigliere dei viceré, ma il riconoscimento più importante lo riceve nello stesso anno, quando venne nominato cavaliere dell’ordine del toson d’oro, tra le più alte cariche del tempo, concessa da Filippo IV a una trentina di cavalieri in tutta Europa, e nel Regno di Napoli a sole tre famiglie. I cavalieri di quest’ordine indossavano un collare d’oro con un ciondolo raffigurante la pelle di un ariete, e nel dipinto il personaggio mostra con gran fierezza.

 

Il modello di questo dipinto è il Ritratto di don Juan José d’Austria a cavallo eseguito da Ribera e oggi esposto al Palazzo Reale di Madrid. Il ritratto di Carlo ha una curiosa storia che attraversa i secoli: dopo l’ultimo restauro effettuato nel 2006 si è scoperto che l’opera era stata modificata da un pittore forse nel XIX secolo che era intervenuto sul dipinto cambiando in gran parte l’aspetto del protagonista e in generale di tutta la composizione. Fondamentale, quindi, è stata la rimozione di spessi strati di vernici, di numerose stuccature e ampie ridipinture che non solo alteravano i colori originali, ma ne mutavano anche alcuni sostanziali dettagli come lo sfondo del cielo, le piume del cappello, i capelli del cavaliere e lo stemma a righe del casato. Al termine del restauro è emersa una pittura qualitativamente molto raffinata, che ha permesso di accostare questo ritratto alle opere di Massimo Stanzione, tra i maggiori e più richiesti maestri del Seicento che ebbe l’incarico di dipingere i ritratti dei regnanti nella Sala di Palazzo Reale di Napoli detta dei Viceré.