7) Giovan Battista Caracciolo, detto Battistello
Nato a Napoli nel 1578, morto a Napoli nel 1635Liberazione di San Pietro dal carcere

1615

olio su tela, cm 310 x 207

 

I Governatori commissionarono nel 1613 a Carlo Sellitto il dipinto con la Liberazione di San Pietro dal carcere per proseguire il racconto delle opere di Misericordia sui sette altari della cappella, ma a causa della prematura morte del pittore avvenuta nel 1614, l’esecuzione della tela fu affidata a Battistello Caracciolo. Il giovane pittore ottenne, per questa tela, per compenso cento ducati, che incassò nel 1615.

Secondo alcune fonti storiche, Caracciolo strinse amicizia con uno dei fondatori del Monte, il marchese di Villa, Giovan Battista Manso, “il più pregiato” dei “varii uomini scienziati” che probabilmente gli offrì la commissione essendo anche un pittore tra i più stimati a quei tempi e tra i primi che osservarono con attenzione la nuova lezione della pittura Caravaggesca.

Il tema del dipinto, collocato sul primo altare a sinistra, è legato alla assistenza dei carcerati, attività svolta nei secoli: il Pio Monte si occupava, ad esempio di far scarcerare coloro che non avevano condanne penali ma erano costretti in prigione dalla miseria, per non aver potuto pagare le tasse imposte dal rigido sistema fiscale; oppure a metà del XVIII secolo l’Istituto, su autorizzazione del re Ferdinando IV di Borbone, fonda la “Giunta delle Carceri” organismo di controllo a tutela delle condizioni dei prigionieri; ancora oggi il Pio Monte collabora con Associazioni impegnate nel recupero e reinserimento sociale dei detenuti.

L’episodio degli Atti degli Apostoli della liberazione di san Pietro, è il tema scelto per rappresentare la liberazione dei carcerati: durante la persecuzione di Erode, Pietro è arrestato e messo in carcere sotto stretta sorveglianza; quattro squadre di quattro guardie si danno il turno ogni tre ore. La sera prima del processo, Pietro dormiva legato con due catene mentre le sentinelle montavano la guardia davanti alla porta della cella. Ma all’improvviso arriva un angelo circondato dalla luce, sveglia Pietro e lo libera dalle catene e dalla prigione. Pietro è confuso, procede stupito fuori dal carcere credendo “di avere una visione”.

Battistello riproduce nell’opera il momento della liberazione. Le figure emergono dal buio della notte: Pietro e l’angelo stanno attraversando, indisturbati, l’ultimo picchetto di quattro soldati che Erode aveva fatto predisporre a guardia dell’apostolo. L’angelo è giovane, indossa una tunica bianca con riflessi argentei, guida Pietro verso l’uscita. Il volto del santo rivela lo stupore nel vedere le guardie addormentate, indossa una tunica verde scura e un mantello arancione dal ricco panneggio. Nell’ombra tre guardie, addormentate, indossano l’armatura e l’elmo, mentre la quarta, distesa in basso a destra, ripresa di spalle è in piena luce, coperta solo da un panneggio rosso poggiato sui fianchi. La posa, con la schiena nuda e i piedi scalzi, rimanda alle novità introdotte dal Caravaggio nella tela dell’altare maggiore, dove è ritratto il paralitico. Anche l’uso dei giochi di luce e ombre dimostra che il Battistello ha assimilato le novità introdotte dal Merisi.

Il dipinto è considerato il capolavoro del primo grande seguace caravaggesco: i due certamente si conoscono perché è documentato il passaggio di trenta ducati da Caravaggio a Battistello per qualche collaborazione di cui si ignorano ancora i dettagli.