19) Francesco De Mura

La collezione dei dipinti della Quadreria si è costituita grazie ai tanti benefattori che hanno regalato le proprie opere al Pio Monte della Misericordia in più di quattro secoli di vita dell’Istituzione; tra questi donatori vi è il celebre pittore napoletano Francesco de Mura.

L’artista entra alla bottega di Francesco Solimena, il più illustre pittore della prima metà del Settecento, a dodici anni, nel 1708; è un ragazzino molto bravo, e impara facilmente, tanto da essere chiamato affettuosamente “Francischiello”. De Mura porta avanti gli insegnamenti del maestro, ma le sue composizioni sono più semplici. Quando Solimena muore, Francesco De Mura diventa sempre più richiesto a Napoli per abbellire con le sue opere chiese, monasteri, case dei nobili, perfino il Palazzo Reale della città.  Nel 1741 viene chiamato dal re Carlo Emanuele III di Savoia per decorare il suo Palazzo Reale a Torino. Qui entra in contatto con la cultura europea rococò e la sua pittura si fa più brillante, e le composizioni più leggere e aeree.

Francesco De Mura scrive il suo testamento nel 1782, quando è ormai anziano e alla fine della sua lunga carriera di artista.  Con l’atto di donazione – conservato nell’Archivio Storico al secondo piano del palazzo – cede al Monte i propri beni e ciò che di più prezioso ha: una Quadraria di quadri da me dipinti coll’impegno ed amore che ha ciascuno per le robbe proprie, che è d’importante valore”. Il pittore decideva infatti di donare al Pio Monte denaro, oggetti, mobili, cavalli e carrozze, e ben 187 tra dipinti e bozzetti provenienti dalla sua casa-atelier; le opere dovevano essere vendute per ricavare i soldi utili a soccorrere “colla dovuta diligenza e secondo l’opportunità più vantaggiosa (…) gentiluomini e gentildonne povere fuori piazze, che si ritrovaranno permanere in questa città e suoi borghi. Il pittore esprime chiaramente anche a quale classe sociale debbano essere dati i sussidi derivati dalla sua eredità, cioè al “ceto di mezzo”, in particolare “alli gentiluomini e gentildonne bisognose da’ dottori in sù, e mogli e figli di essi”. Quando scrive le sue volontà l’artista è vedovo da diversi anni e ciò che desidera è che nulla del suo patrimonio vada alla figlia adottiva Donna Grazia di Ferdinando e alla figlia di lei Giovanna poiché, dopo aver speso molti soldi per loro e aver dato una ricca dote ad entrambe, stanco delle continue pretese delle due donne, afferma di volersi: liberare per sempre delle loro molestie, nonché dalli dispendi senza fine, che il loro mantenimento lussuoso in mia casa, mi ha per tanti anni cagionato”.

Di questa donazione restano oggi nella collezione del Pio Monte della Misericordia 40 tele, poiché l’Ente ha eseguito le volontà del pittore vendendo molti dipinti che oggi si possono ammirare in molti musei d’Europa e del mondo.