

Francesco De Mura dona con il suo testamento 187 opere al Pio Monte della Misericordia. Oggi ne restano 40 perché le altre sono state cedute con le aste e le vendite che si sono tenute fino ad inizio Novecento. La raccolta (l’insieme dei quadri e dei bozzetti) è una testimonianza fondamentale per ricostruire la carriera dell’artista e studiare la storia della pittura a Napoli durante il Settecento. In particolare i bozzetti, cioè gli studi su tela e in piccole dimensioni, sono le ‘prove’ per le complesse scene che De Mura realizza con la tecnica ad affresco in importanti luoghi della città e del Regno di Napoli.
Attraverso alcuni bozzetti si può tracciare il percorso creativo dell’artista: le 9 tele con le storie di San Benedetto da Norcia, gli angeli e i santi Sossio e Severino ci raccontano le fasi della decorazione del soffitto e di alcune pareti della chiesa superiore dei Santi Severino e Sossio, parte di un grande e importante complesso monastico che si trova nel centro storico di Napoli. Si tratta di una commissione di prestigio per De Mura, che vede impegnato il pittore dal 1736 al 1740. Nel confronto tra i bozzetti conservati al Pio Monte e gli affreschi della chiesa è possibile cogliere alcune differenze, interessanti per studiare lo sviluppo dell’idea creativa nel passaggio dal primo studio preparatorio alle grandi dimensioni dell’affresco. Infatti i quattro angeli, dipinti in questi bozzetti nei toni del bianco e e nelle gradazioni di grigio, a imitazione della scultura o della decorazione a stucco, sono poi realizzati negli affreschi a colori su squarci di cielo azzurro e arricchiti di altre figure di putti.
Ma altri dipinti sono forse ancora più preziosi, perché sono le uniche testimonianze di affreschi che non esistono più: è il caso dei bozzetti di Aurora e Titone, che l’artista realizza in due versioni, e che fanno immaginare come poteva essere decorata una delle stanze degli appartamenti del Palazzo Reale di Napoli. La scena, con la giovane dea Aurora che avanza in cielo sul carro trainato da due cavalli, è il trionfo della leggerezza con i grandi teli rossi e arancioni che sembrano gonfiarsi al vento mentre lo sfondo si colora delle prime delicate luci del giorno. Il chiarore dell’alba e la bellezza della fanciulla abbagliano il principe troiano Titone, disteso in basso a sinistra e ripreso mentre si sta appena svegliando; un tempo giovane di rara bellezza, qui è raffigurato come un uomo anziano. Aurora infatti, pur di portare l’innamorato con sé nell’Olimpo, chiese a suo padre Giove di poter dare a Titone l’immortalità, dimenticando però di chiedere per lui anche l’eterna giovinezza.
La scena decorava la volta della stanza destinata alla vestizione del re, oggi sala Maria Cristina, all’interno dell’appartamento di Ferdinando IV di Borbone nel Palazzo Reale di Napoli; l’affresco non esiste più perché nel 1944, per lavori eseguiti in quelle sale, all’epoca occupate dalle truppe Alleate, è stato rovinosamente cancellato.